Il punto in comune tra il governo israeliano di Netanyahu e l’amministrazione Trump è quello di trattare le questioni calde con grande prudenza. Alcuni parlano di indecisioni o incapacità dei due governi, ma la situazione è più difficile di quanto sembri.
In queste ultime settimane abbiamo assistito a ogni tipo di “provocazione” da parte dell’Iran sullo stretto di Hormuz con il recente danneggiamento di due petroliere e con delle imbarcazioni, come le immagini dimostrano, dell’IRCG che recuperano le mine inesplose da uno scafo. Dall’altra parte della Penisola arabica, gli Houti impiegano droni e missili contro le raffinerie e gli obbiettivi sauditi.
Che fa Trump? Temporeggia. Al momento sembra essere una soluzione, il tempo dirà se sarà la migliore decisione o no. E’ certo che in caso di intervento l’Iran scaglierebbe i suoi miliziani sciiti sparsi in tutto il Medio Oriente contro gli obbiettivi sauditi, americani e israeliani. In quel caso sarebbe una guerra contro il terrorismo non più una guerra contro il solo Iran e le sue forze armate. Le IRCG e la sua Forza Quds, già organizzazioni terroristiche, non vedono l’ora di fare una guerra del terrore che per loro sarebbe “santa”.
Per ora gli Stati Uniti hanno deciso una linea difensiva. Più volte molti autorevoli personaggi hanno parlato a sproposito di guerra imminente per via della presenza di John Bolton e Mike Pompeo al fianco del presidente, definiti “falchi” e “guerrafondai” (e meno male che Nikki Haley, purtroppo per chi scrive, non c’è più all’ONU se no anche lei…).
Anche il premier israeliano Netanyahu è accusato di non rispondere adeguatamente al lancio di razzi e missili provenienti dalla Striscia di Gaza.
Come abbiamo scritto più volte in questo sito, l’impegno sul fronte nord per impedire una “libanizzazione” della Siria (una sorta di “legge del contrappasso” visto che il Libano è nelle condizioni attuali a causa di Hafiz Assad) da parte iraniana, impedisce un’ invasione da terra o il pugno duro per eliminare definitivamente Hamas e PIJ.
Nonostante la superiorità tecnologica, è sempre il fattore umano ad essere importante: Israele non può permettersi di sacrificare i suoi uomini e donne in una zona densamente popolata e con gli occhi dell’opinione pubblica mondiale pronta a condannare qualsiasi manovra dello Stato ebraico.
Anche qui i soliti “falchi” chiamati dai media – in questo caso nella persona di Avigdor Lieberman e il suo partito – che avrebbero portato al disastro sono stati smentiti ancora una volta, visto che il diretto interessato un anno fa si dimise e quest’anno non ha trovato l’accordo con il premier, costringendolo a nuove elezioni. E’ la democrazia.
Difficile fare previsioni, come è difficile stare dietro a tutte le notizie che circolano tra tv e web, vedi il drone americano abbattuto o no dall’Iran. Al momento vige più la prudenza dei due paesi, accusati ingiustamente da una parte di subire passivamente e dall’altra di volere la guerra.