Ieri pomeriggio si è diffusa rapidamente la notizia secondo la quale Israele starebbe lavorando ad un patto di non aggressione con i Paesi del Golfo.
A confermarlo con un Twitt in ebraico è stato il ministro degli Esteri Israel Katz.
«Questa mossa storica metterà fine al conflitto e faciliterà la cooperazione civile fino alla firma degli accordi di pace», ha scritto Katz.
La notizia è arrivata come un fulmine a ciel sereno anche se effettivamente di recente Israele ha dialogato molto con alcuni Paesi del Golfo e un avvicinamento sostanziale è già in atto da tempo.
Rimangono tuttavia alcuni dubbi e domande. Per esempio, un eventuale patto di non aggressione prevederebbe anche che l’appoggio finanziario a gruppi terroristi palestinesi sia considerato un atto di aggressione oppure no?
Ci sono gruppi palestinesi che Israele considera “gruppi terroristi” mentre alcuni Paesi del Golfo no e quindi continuano ad inviare loro denaro, magari sotto forma di aiuti umanitari. Questo punto non è chiaro.
Per stessa ammissione di Israel Katz, l’eventuale accordo nasce «all’ombra della minaccia rappresentata dall’Iran» e quasi certamente include il Paese più importante del Golfo con il quale Israele non ha formalmente rapporti: l’Arabia Saudita.
Tuttavia proprio nelle ultime ore si sono fatte sempre più insistenti le voci che Riad starebbe trattando con Teheran dopo che i sauditi hanno scoperto che gli americani non sono in grado di garantire loro sicurezza. Anche in questo caso si tratterebbe di una sorta di accordo di non aggressione.
Se ciò fosse vero verrebbe meno la motivazione principale esposta da Katz, cioè la “minaccia iraniana”, almeno per quanto riguarda il Paese più importante del Golfo Persico.
La proposta israeliana, che sembra piuttosto a buon punto, si scontra con una proposta simile lanciata pochi giorni fa dall’Iran proprio verso i Paesi del Golfo, proposta che però sembra interessare solo i sauditi francamente impauriti da un conflitto con l’Iran.
Insomma, accogliamo con piacere seppur con riserva (con molte riserve) questa mossa diplomatico-tattica di Israele, ma restano molti dubbi sulla sua effettiva implementazione e sulle condizioni che un patto simile dovrebbe prevedere.