Il presidente dell’Autorità Palestinese, Mahmoud Abbas, ha annunciato ieri di aver deciso di interrompere tutte le relazioni con Israele e gli Stati Uniti comprese quelle sulla sicurezza.
Lo ha fatto durante la riunione di emergenza dei Ministri degli esteri della Lega Araba che si è tenuta al Cairo, in Egitto, convocata per discutere il piano di pace americano.
«Abbiamo informato israeliani e americani di questa decisione attraverso due lettere» ha detto Abbas durante la riunione.
Secondo il Presidente della Autorità Palestinese, Israele e Stati Uniti avrebbero violato gli accordi internazionali su cui si basava la collaborazione tra lo Stato Ebraico e la stessa Autorità Palestinese con un chiaro riferimento agli accordi di Oslo.
La cosa appare patetica detta da un dittatorino che per anni su quegli accordi ci ha sputato sopra, da un leader senza alcuna legittimazione che ha ininterrottamente fomentato odio verso Israele e ha pagato con ricchi vitalizi le famiglie dei terroristi che hanno ucciso civili israeliani come se fosse un premio.
E si arriva persino a sfiorare il ridicolo quando Abbas (alias Abu Mazen) afferma che i palestinesi avrebbero «cercato di diffondere la cultura della pace» e che «il mondo non permetterà questa ingiustizia».
Abbas fa affidamento, come sempre, sulla memoria corta dell’occidente e spera nell’appoggio dei Paesi arabi, delle potenze islamiche non arabe (Iran e Turchia) e dell’Unione Europea sventolando la stessa retorica che gli ha permesso per decenni di fomentare odio verso Israele e allo stesso tempo di beneficiare di tutte le opportunità che gli accordi con lo Stato Ebraico gli garantivano.
Solo che questa volta potrebbe non funzionare. I Paesi arabi non lo seguono più e nemmeno le masse.
Gli rimane l’appoggio della Fratellanza Musulmana guidata dalla Turchia e dell’Iran, un appoggio più configurato a nuocere a Israele piuttosto che a sostenere la causa palestinese.
Chiudere i rapporti con Israele, specie quelli sulla sicurezza, vorrebbe dire poi consegnare i territori palestinesi nelle mani di Hamas oltre che infilarsi in un imbuto che potrebbe mettere in ginocchio la già fragile economia palestinese, non solo perché decine di migliaia di palestinesi lavorano in Israele ma perché le poche aziende palestinesi dipendono dallo Stato Ebraico sia per vendere ed esportare i loro beni che per le infrastrutture (luce, acqua, telefonia ecc. ecc.).
E se per puro caso dovesse confidare in una sconfitta di Netanyahu alle prossime elezioni si troverebbe a fare i conti con Benny Gantz, che chissà per quale motivo viene considerato “una colomba” quando invece su certe posizioni è addirittura più intransigente del Premier israeliano.
È una mossa disperata quella di Mahmoud Abbas, una mossa che potrebbe facilmente ritorcersi contro se stesso.
Tenta ancora una volta l’arma del ricatto e della minaccia quando non è nelle condizioni di poterlo fare, anche considerando l’incondizionato appoggio dell’Unione Europea (come sempre) e di un paio di potenze islamiche che però lavorano contro Israele e non a favore delle istanze palestinesi.
Ancora Abu Mazen non ha capito che è finito il tempo in cui gli bastava aprire la bocca per ottenere tutto quello che voleva. È un grave errore di valutazione che potrebbe avere conseguenze devastanti per la sua gente. Ma in fondo se gli fosse interessato veramente il bene della sua gente non si sarebbe arrivati a questo punto.