Almeno 30.510 migranti irregolari sono morti per annegamento o per altre motivazioni legate alle difficili condizioni ambientali tra il 2014 e il 2018 secondo un rapporto diffuso dal Missing Migrants Project, un progetto della Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM) che si occupa di tenere il conto dei migranti irregolari scomparsi.
Va detto subito che l’altissima cifra di morti per annegamento non riguarda solo il Mediterraneo ma anche il Rio Grande, il Golfo del Bengala e molte altre rotte oltreoceano. Va aggiunto poi che i numeri sono per difetto visto che difficilmente, o comunque raramente, vi sono testimoni dei naufragi.
Il rapporto tiene poi conto solo in parte delle tantissime vittime degli spostamenti interni o di quelle degli spostamenti necessari a raggiungere le coste, come per esempio i morti durante la traversata del Sahara.
Quasi la metà dei decessi totali per annegamento registrati tra il 2014 e il 2018, cioè 14.795 uomini, donne e bambini, sono stati registrati sulla rotta del Mediterraneo centrale tra il Nord Africa e l’Italia. Considerando anche le altre rotte mediterranee le vittime arrivano a un totale di 17.644 solo nel Mare Nostrum.
Gli altri due “punti caldi” per le vittime da annegamento conseguenti a migrazioni irregolari sono l’Asia e il Nord America. Nel Golfo del Bengala le vittime accertate sono state 2.191 mentre in Nord America le vittime totali sono state 1.871 buona parte delle quali morti nell’attraversamento del Rio Grande, al confine tra Messico e Stati Uniti.
Le considerazioni del Missing Migrants Project
Nonostante la cifra delle morti verificate sia molto elevata, il Missing Migrants Project ritiene che le morti accertate siano solo una parte di quelle reali. Sia in mare che in terra, come per esempio nel deserto del Sahara, è infatti molto difficile recuperare i corpi delle vittime. Spesso scompaiono nel nulla, si suppone che siano morti ma non ci sono le prove (i corpi) per accertarlo.
Quella dei migranti irregolari morti ma non verificati è una cifra molto difficile da quantificare. Praticamente è impossibile a meno di non dare cifre a caso. Ma il loro numero è senza dubbio importante.
«La migrazione irregolare comporta rischi significativi per coloro che intraprendono tali viaggi e sono urgentemente necessari percorsi legali sicuri in modo che meno persone ricorrano a questa opzione», ha affermato il dott. Frank Laczko, direttore del Centro di analisi dei dati sulla migrazione globale (GMDAC) della OIM.
Ed è proprio questo il punto che sottolinea anche il Missing Migrants Project: la mancanza di percorsi legali per la migrazione. L’enorme numero di migranti irregolari, lo spostamento di grandi masse di persone, ha di fatto interdetto la creazione di vie legali per le migrazioni.
Per intenderci, è un fatto più che normale che, visto l’alto numero di arrivi, i Paesi di destinazione dei migranti tendano a limitare se non addirittura ad annullare le vie legali attraverso le quali migrare. Ma il problema resta.
Un problema planetario che con il tempo peggiorerà
Quello delle migrazioni irregolari è un problema planetario che secondo l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni peggiorerà con il tempo.
Masse sempre più numerose di persone cercheranno di lasciare i loro luoghi di origine, non tanto e non solo a causa di conflitti, ma soprattutto a causa dei cambiamenti climatici che impediscono qualsiasi sviluppo agricolo in buona parte del terzo mondo.
Il problema dei migranti irregolari non può quindi essere affrontato da un solo Paese o da pochi Paesi, come per esempio avviene con quelli che si affacciano al Mediterraneo (soprattutto Italia, Spagna e Grecia) abbandonati a loro stessi.
E’ un problema globale e molto complesso e come tale deve essere affrontato. Si è cercato di farlo con il Global Compact, ma siamo di fronte al solito palliativo così come lo erano i famigerati Millennium Development Goals. Non servono altri accordi internazionali che vengono puntualmente disattesi e dimenticati nel cassetto. Servono fatti concreti che incidano sullo sviluppo dei Paesi del terzo mondo. E se l’ONU non è in grado di affrontare il problema, come ormai ampiamente acclarato, occorre che siano altri a farsene carico.
Il problema non può più essere messo nel cassetto, non basta più coprirlo con un po’ di sabbia per non vederlo più.
I prossimi anni vedranno enormi masse di persone spostarsi verso nord e se non si fa velocemente qualcosa per impedirlo non sarà sufficiente innalzare muri o chiudere i porti.
Si parla di progetti di sviluppo articolati e multidimensionali in grado di creare le condizioni affinché quelle persone rimangano nella loro terra. Ma sebbene se ne discuta da molti anni, non è mai stato fatto niente in questa direzione. E’ arrivato il momento di farlo.