Qualcosa di più sull’attacco degli Houti (o dell’Iran) alle raffinerie saudite

L’attacco alle raffinerie saudite nelle giornata di sabato 14 settembre rivendicate dagli Houti, la minoranza yemenita sciita appoggiata dal regime iraniano, oltre ai danni arrecati preoccupa per la capacità delle milizie sciite di poter attaccare in profondità il territorio saudita, una potenza militare ed economica nella penisola arabica e nel Medio Oriente.

Si tratta di un atto di guerra più che di un attacco terroristico e stupisce il fatto che non ci sia stata un’ adeguata difesa, visto gli obbiettivi sensibili colpiti, e un’azione di rappresaglia immediata. Precedentemente erano state colpite raffinerie nella zona del Mar Rosso, ora il livello sembra diventato più ambizioso.

Nelle prime ore si era ipotizzato l’uso di missili balistici Quds-1 di produzione iraniana partiti dall’Iraq, visto che le raffinerie dell’Aramco si trovano nell’est del paese, nei due grandi giacimenti petroliferi di Abqaiq e Khurais.

Più tardi, invece, si era parlato di un attacco preparato con l’utilizzo di dieci droni armati, ma stupisce che non siano stati rilevati dai radar della difesa anti-aerea visto la distanza tra lo Yemen e le raffinerie colpite.

Non è da sottovalutare la prima ipotesi, cioè quella dei missili provenienti dalla parte sciita dell’Iraq, al confine con Kuwait e la stessa Arabia Saudita, visto che nelle ultime ore sono stati rinvenuti frammenti appartenenti a missili balistici.

Secondo il Jerusalem Post, che cita un alto funzionario della Casa Bianca, in realtà l’attacco sarebbe partito dall’Iran che avrebbe lanciato almeno 12 missili da crociera e una ventina di droni.

L’arsenale degli Houti

I resti di un missile iraniano quds-1 trovati nei pressi della raffineria colpita

Fa comunque impressione il livello tecnologico e il tipo di arsenale che le milizie sciite dello Yemen, che ricordiamolo si sono presi il merito dell’attacco, hanno a disposizione.

Gli Houti sono dotati di missili balistici, tra cui i Quds-1, capaci di volare a bassa quota e per questo creare problemi ai radar avversari (ecco perché si era pensato subito a questo tipo di arma nelle prime ore), il missile balistico di precisione Badr-F e droni armati capaci di compiere lunghi voli, anche di 1.500 km come i Samad-3.

Anche il gruppo terrorista libanese Hezbollah è dotato di un imponente arsenale di missili di precisione e di droni, sempre proveniente dalla prolifica industria iraniana in mano alle Guardie Rivoluzionarie.

Il professore James Rogers, un esperto in droni e sicurezza della Yale University, ha dichiarato che l’ONU dovrebbe investigare visto la capacità degli Houti di poter colpire così in profondità nel territorio saudita. Ma dalle Nazioni Unite finora sono arrivate timidi e inutili richiami e rapporti sul conflitto in Yemen del tutto dimenticati, nonostante le migliaia di vittime innocenti.

I danni alla produzione di petrolio e la scarsa efficienza araba

Le raffinerie dell’Aramco colpite dai droni hanno causato il crollo della borsa valori di Riyadh per la poca fiducia degli investitori dell’azienda dopo gli attacchi. I sauditi hanno subìto la perdita di 5 milioni di barili – il 5% della produzione mondiale – su una produzione giornaliera di 9,8 milioni di barili.

Gli Stati Uniti, partner storici per prodotti petroliferi sauditi già da prima del secondo conflitto mondiale, hanno attivato le loro riserve strategiche sul suolo americano e, mentre le fiamme sono sotto controllo, gli iraniani respingono qualsiasi accusa di coinvolgimento.

Gli attacchi degli Houti negli ultimi anni hanno riguardato diversi obbiettivi come l’attacco verso cittadine e le strutture civili saudite al confine con lo Yemen, l’assalto alle petroliere nel Mar Rosso, gli attacchi verso aeroporti civili sauditi e degli Emirati, verso i gasdotti e le raffinerie sia con l’utilizzo di droni che con i missili balistici, tanto da dover posizionare le batterie di Patriot nei punti strategici del paese, ma come si è visto con qualche falla di troppo. I caccia sauditi sono stati inoltre protagonisti di alcuni abbattimenti contro droni nemici all’interno del territorio.

Lo stesso attacco con i droni che l’Iran voleva portare dal Libano e dalla Siria verso Israele, sono stati scongiurati dalla prontezza e dall’efficacia di intelligence e forze armate dello Stato ebraico. Non sembra invece così efficiente quella dei ricchissimi paesi del golfo, impantanati nell’inferno yemenita e sorpresi dai raid nemici nonostante la superiorità tecnologica.

La scarsa efficienza dei paesi arabi è un cronico problema. La storia insegna che nei conflitti non riescono a venirne a capo. Oltre che contro Israele, si ricorda la lunga guerra tra Iran e Iraq degli anni Ottanta che ha visto la potente e moderna macchina da guerra di Saddam Hussein dissanguarsi e bloccarsi di fronte a un paese in fase di assestamento a causa del cambio di regime e con molti ufficiali epurati.

Le reazioni dagli Stati Uniti

Il senatore repubblicano del North Carolina Lindsey Graham, già in visita in Israele nella prima metà dell’anno e da sempre dell’idea di uno strike in Iran, ha dichiarato che.

È arrivato il momento per gli USA di pianificare un attacco alle raffinerie iraniane se continuano nelle loro provocazioni o nell’arricchimento dell’uranio per il programma nucleare”

Poi aggiunge:

L’Iran non fermerà il suo comportamento scorretto fino a quando le conseguenze non diventeranno più reali, come attaccare le loro raffinerie che spezzeranno il regime”

Al senatore si aggiunge il Segretario di Stato Mike Pompeo:

Teheran è dietro a quasi 100 attacchi all’Arabia Saudita mentre Rouhani e Zarif fingono di impegnarsi nella diplomazia”

E’ un dato di fatto ci sia l’Iran dietro nonostante le smentite, soprattutto dopo la cacciata di John Bolton dalla Casa Bianca nel ruolo di Segretario alla Sicurezza, avvenuto pochi giorni fa.

Bolton era contrario a dialogare con gli ayatollah perché diceva che non ci si poteva fidare di quel regime e di quei personaggi.

La voglia di dialogo di Trump, forse su consiglio sbagliato di qualche alleato al recente G7 in Francia, sta facendo il gioco della repubblica islamica.

Come ha fatto notare un noto storico ed esperto di geopolitica dopo gli attacchi, se non reagisci in maniera proporzionata alle provocazioni (droni abbattuti, petroliere sequestrate e il tuo segretario che ti suggerisce a intervenire e lo licenzi) il tuo nemico penserà che sei debole e alzerà sempre più il tiro.